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DISCORSI SUL METODO – 23: DANY LAFERRIÈRE

di Vanni Santoni
DISCORSI SUL METODO – 23: DANY LAFERRIÈRE

Danny Laferrière, secondo autore nero della storia a far parte dell’Académie française dopo Léopold Sédar Senghor, e secondo autore privo di nazionalità francese dopo Julien Green, è nato a Port-au-Prince nel 1953. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è L’ arte ormai perduta del dolce far niente (66and2nd, 2016), mentre il 9 novembre esce sempre per 66thand2nd Diario di uno scrittore in pigiama.

Quante ore lavori al giorno e quante battute esigi da una sessione di scrittura?

Da giovane ero molto severo con me stesso, mi imponevo di scrivere tutti i giorni e di fare un minimo di pagine; ora non ho più delle quantità fisse, ormai lavoro per piacere. Scrivo le cose che mi passano per la mente, prendo appunti, quando sento che è il momento li metto assieme e realizzo che sto lavorando su un nuovo libro ma davvero in tutta la prima fase dei lavori lo sviluppo come viene, sono io a seguire il libro non viceversa.

Dove scrivi? Hai orari precisi?

Ultimamente viaggio molto quindi finisco per lavorare sempre in albergo, negli orari in cui capita. Mi trovo bene nelle camere d’albergo, scrivo disteso sul letto.

Fai preproduzione o scrivi di getto?

Non faccio mai ricerca prima, sempre durante: in effetti comincio ogni mio libro da testi e appunti scritti a caso; se sento che c’è qualcosa inizio a metterli assieme, a combinarli e cercare una cucitura e da lì una strada. Trovata la strada inizio a riflettere sulla forma reale che avrà il libro, sulle ricerche da fare e tutto il resto. Ma la mia scrittura è sempre prima di tutto un lavoro di ricomposizione di appunti.

Quante riscritture fai? Tendi giù a buttare giù prima tutto o cesellare passo passo?

Entrambe le cose. Quando scrivo cerco di fare la pagina perfetta ma poi non lo è mai, quindi la devo revisionare e da lì finisco per cambiare tutto. Quando ho finito di editare ho nostalgia della bozza, mi viene il dubbio di aver rovinato ogni cosa, per fortuna quando poi vado a ricontrollare di solito non è vero.

Scrivi più libri in contemporanea?

Scrivo sempre più libri allo stesso tempo, nel senso che mentre sto lavorando a un libro prendo sempre appunti per altri libri, è fondamentale appuntarseli o vanno perduti, di fatto mentre sto scrivendo un libro ne nasce sempre almeno un altro ed è lì che mi viene la smania di terminare il primo per potermi dedicare al successivo.

Carta o computer?

Prendo appunti su carta e comincio a scrivere le prime pagine su carta, poi quando c’è materiale sufficiente comincio a trascrivere su file, e di solito da lì procedo al computer, anche se ultimamente devo dire che uso molto più a lungo la carta, sarà che sono più rilassato rispetto allo scrivere, ho più sicurezza e meno urgenza.

Tic o rituali per favorire la concentrazione?

Ho un rituale preciso ma non serve a cominciare, serve a finire. Quando ho finito un libro, riordino tutta la casa. Serve a dirmi che ho finito. Quindi per certi versi è anche un rito per cominciare il successivo, ok.

Come hai esordito?

In modo abbastanza regolare. Ho mandato a vari editori, ho ricevuto silenzi o rifiuti; ho insistito finché l’ho inviato a un editore del Quebec che se lo è preso. Ciò in cui sono stato fortunato è stato, piuttosto, il fatto che è stato un successo: a volte, per uno scrittore, e ciò purtroppo può valere a prescindere dalla qualità della scrittura, il secondo libro è più difficile da pubblicare del primo, se il primo non è stato esplosivo nelle vendite.

Come è cambiato il tuo modo di lavorare da allora?

È cambiato anzitutto nel fatto che la la mia energia è diversa. Da giovane avevo più energie ma le sprecavo, ad esempio ne consumavo una quantità enorme per cominciare un testo. Ora anche se prendo degli appuntini a casaccio so già che sto cominciando: mi preoccupo meno di entrare nel libro, perché so riconoscerne i segni e quindi inizia a serpeggiare ovunque anche da solo. Senza una forte energia probabilmente non avrei mai cominciato, ma adesso trovo che l’essere meno carico per certi versi sia un bene, l’attività di scrittura è molto meno stressante, e poi grazie all’esperienza posso utilizzare tutto, anche i pensieri o i fatti marginali possono alimentare il libro che sto scrivendo: sarò vecchio, ma sono finalmente diventato scrittore ventiquattr’ore su ventiquattro, il momento in cui mi metto scrivere materialmente le pagine è solo uno dei tanti che concorrono alla creazione del libro.

Le opere che più ti hanno influenzato per quanto riguarda la pratica e il mestiere della scrittura.

Direi più scrittori che che singoli libri. Sono questi: Borges, Bukowski, Bulgakov, Miller, Tanizaki. Ah, e Diderot.

“Esisti” online?

Non ho neanche il telefono.

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