Più di cento morti in due giorni nel Mediterraneo. «Per i migranti non esiste alcuna missione di ricerca e soccorso comune e, con il pretesto del Covid-19, i governi ostacolano le organizzazioni della società civile che operano in mare, camuffando tali decisioni come politiche di tutela della salute pubblica» accusa Rossella Miccio, presidente di Emergency. Per Giorgia Linardi, portavoce della Ong tedesca Sea-Watch «non c’è differenza con il precedente governo, quello con Salvini».

La morte di Joseph

La Ong spagnola Open Arms, che collabora con Emergency, giovedì ha deciso di pubblicare il video del grido di dolore della madre che mercoledì ha perso Joseph, il suo bambino di sei mesi, tra tra le onde. La guardia costiera che avrebbe dovuto portarlo verso le cure dopo il salvataggio è arrivata troppo tardi e non ce l’ha fatta. «Abbiamo deciso di rendere pubblico quello che accade in quel tratto di mare perché i nostri occhi non siano i soli a vedere e perché si ponga fine a tutto questo subito», ha spiegato Open Arms.

Le autorità italiane nei mesi scorsi hanno bloccato tutte le navi delle Ong. L'unica attualmente attiva nel Mediterraneo centrale è appunto quella di Open Arms che ha a trasportato 259 naufraghi, salvati tra mercoledì e giovedì. Ma non potrà svolgere operazioni di salvataggio per alcuni giorni. 

In Italia sono sei le navi fermate dalle ispezioni della Guardia costiera. Domenica la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, rispondendo a Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha detto che le navi delle Ong sono state fermate perché «avevano aspetti tecnici che potevano costituire un pericolo anche se avessero prestato soccorso in mare a chi ne avesse avuto bisogno».

Per Linardi è una scelta deliberata: «Non c’è collaborazione ma c’è assoluto ostruzionismo, nei fatti questo governo tanto quanto il precedente sta bloccando la nostra azione, altrimenti si assicurerebbe di mandare tutti i soccorsi possibili». Le associazioni hanno tentato di parlare con la ministra Lamorgese: «Abbiamo avuto degli scambi con il ministero dell’Interno nei mesi successivi all’insediamento, avevamo aperto un canale di dialogo per capire se si fosse insediato su presupposti differenti, ma non hanno portato a nulla».

Vittime e naufragi

Intanto si perde il conto dei naufragi. «Mentre parliamo c’è un gommone in pericolo con alcune persone in acqua. Il fax arriva dalla messaggeria navale di Malta. Lo abbiamo ricevuto a bordo della nostra nave Sea-Watch4 ma non c’è nessuno che può andare» dice Giorgia Linardi.

Sono state sei le vittime mercoledì, nonostante Open Arms, alla fine del lunghissimo giorno, abbia salvato la vita a centinaia di persone. La procura di Agrigento sta indagando sulla morte del piccolo Joseph, per capire se poteva essere salvato con i soccorsi arrivati in tempo. Giovedì si sono aggiunte altre 74 vittime al largo di Khums, in Libia. Lo stesso giorno, Medici senza frontiere ha certificato la morte di almeno altri venti naufraghi a Sorman: sono sopravvissute solo tre donne, assistite dai pescatori libici.

Ieri erano oltre 220 le persone in mare a sud di Lampedusa, tra di loro anche tre neonati. L’allarme lo ha lanciato Alarm Phone, il numero di emergenza auto-organizzato per migranti in difficoltà nel mar Mediterraneo. «Molte persone hanno problemi di salute e necessitano soccorso immediato. Le autorità sono informate. Interverranno o lasceranno le persone annegare anche questa volta?». Sono riuscite ad arrivare fortunosamente a Lampedusa.

«La perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell'incapacità degli stati di intraprendere un'azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo», ha detto Federico Soda, capo missione dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni Libia, che ha aggiunto: «Migliaia di persone vulnerabili continuano pagare il prezzo dell'inazione, sia in mare sia sulla terraferma».

NON SONO NUMERI

L’Oim ha fatto il tetro conto. Quest'anno sono almeno 900 le persone che sono annegate nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee, alcune a causa di ritardi nei soccorsi. Più di 11.000 altri migranti sono stati riportati in Libia, in un paese dove possono rischiare di subire violazioni dei diritti umani, detenzione, abusi, tratta e sfruttamento, come documentato dalle Nazioni Unite. Le condizioni umanitarie dei migranti detenuti in centri sovraffollati stanno peggiorando. «I diffusi arresti arbitrari e la detenzione, le estorsioni e gli abusi sono allarmanti», denuncia l’Oim.

Eppure, per l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, dovrebbero restare lì. Lui che ha fatto della chiusura dei porti il suo vanto ed è attualmente sotto processo per aver sequestrato i migranti impedendo gli sbarchi, di fronte al video della mamma di Joseph ha commentato in tv che «meno gente parte, meno gente rischia, chi fa politica dei porti aperti, incentivando le partenze, aumenta la probabilità di tragedie».

A Catania il mese scorso c’è stata la prima prima udienza preliminare per il caso Gregoretti. Dopo due ore di camera di consiglio, il giudice ha rinviato con un’ordinanza l’udienza al 20 di novembre e ha deciso di sentire anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Il 4 dicembre toccherà a Elisabetta Trenta (ex ministro alla difesa) e Lamorgese. 

Per Linardi l’atteggiamento è lo stesso: «Restano il pregiudizio e la minaccia sanzionatoria». E lo dimostra il decreto immigrazione, attualmente in discussione in Parlamento: «Hanno abbassato la multa da un milione di euro a 50 mila euro per l’ingresso in acque italiane non autorizzato. E si è passati dal piano amministrativo a quello penale, il giudice esaminerà se ci sono i presupposti: «ma non toglie il principio: si ritiene che possa essere una minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico. Una situazione lesiva della dignità di un paese», conclude.  

Miccio dice: «Chiediamo con forza che i governi dell’Unione Europea si assumano la responsabilità di un programma strutturato di ricerca e soccorso in mare, potendo contare anche sulla collaborazione delle Ong. Nel Mediterraneo si muore, il soccorso è un dovere primario degli stati, e l’Europa deve smettere di voltarsi vergognosamente dall’altra parte».

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